“Ecco, voglio raccontarti una storia per farti capire come funziona qui a Machakos”, mi dice Kaindi guardando lontano. “Una sera sono uscito verso le 20 per andare a mangiare una cosa. Entro in un piccolo ristorante vicino alla strada, e la cameriera mi chiede cosa voglio mangiare. Carne, dico io. Poi mi dice che posso scegliere tra carne fritta e carne bollita. E io chiedo la carne fritta. Poi quella sparisce per un po’. Dieci, venti, trenta minuti. Allora mi affaccio dietro il bancone, noto una porta. La apro: c’è una stanza minuscola con dentro un letto e uno sgabello, e lei che mi aspetta. E lì capisco che avevo appena ordinato, senza volerlo, un rapporto non protetto – la parola in codice è fried meat. Se avessi ordinato carne bollita, avrei potuto fare invece sesso protetto. Mi sarebbe costato 300 KES (all’incirca 2 Euro, NDR). Ho pagato, e sono andato via”.
Siamo in Kenya, il terzo Paese al mondo per tassi di prevalenza di HIV: le persone che vivono con HIV sarebbero 1,6 milioni, molti dei quali non sono consapevoli della propria condizione. La Contea di Machakos si trova a circa 60 km a sud-est della capitale Nairobi: è un importante snodo commerciale e agricolo, anche perché si trova ai margini della trafficatissima arteria che collega il porto di Mombasa a Nairobi e poi all’Uganda. Machakos è conosciuta, oltre che per la sua bellezza paesaggistica, per gli alti tassi di prevalenza di HIV, da sempre superiori alla media nazionale. Ho chiesto a Kaindi perché, secondo lui, la Contea è conosciuta per essere un ‘hotspot’ di contagi, e mi ha spiegato: “Ci passano moltissimi camionisti, in continuazione; e la prostituzione è un fenomeno molto diffuso”.
Benedict Kaindi ha 68 anni, è il direttore del Network Keniano degli Insegnanti Positivi all’HIV (KENEPOTE), un’organizzazione che mette in rete insegnanti che vivono con HIV. L’organizzazione opera a Machakos dal 2010 e realizza sessioni formative per gli studenti, offrendo supporto psicosociale e informazioni preziosissime su educazione sessuale e riproduttiva. Mi spiega che il suo lavoro aiuta non solo i ragazzi a prendere coscienza della propria condizione e a sentirsi meno soli, ma anche gli insegnanti, che scegliendo di entrare a far parte della rete, si sentono più liberi di confrontarsi su certi temi, e meno stigmatizzati. “Ci sono ancora molte leggende e miti intorno all’HIV: in molti credono ancora che sia una maledizione, oppure che si possa curare avendo rapporti con una donna vergine. Molte delle informazioni che circolano sono sbagliate o datate. Noi insieme a No One Out, abbiamo realizzato e distribuito manuali aggiornati, realizzati insieme al Ministero dell’Educazione del Kenya, con informazioni precise su modalità di contagio e salute riproduttiva”.
Il KENEPOTE negli ultimi due anni si è espanso, ha ottenuto un ufficio e si è strutturato. I membri dell’organizzazione sono passati da 20 a 60. Il merito è anche del sostegno ricevuto dalla OSC bresciana NO ONE OUT tramite l’iniziativa ‘By Youth Side’ finanziata dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo attraverso il Bando per iniziative sinergiche con il fondo globale contro HIV/AIDS, TBC e Malaria. L’iniziativa, in conclusione a giugno del 2024, interviene per offrire servizi di salute inclusivi nella lotta all’HIV, rafforzando le strutture ospedaliere di Machakos e intervenendo nella lotta alla discriminazione delle persone HIV-positive, anche con la collaborazione di educatori alla pari.
Spiega Vanni De Michele, rappresentate paese di NO ONE OUT in Kenya: “Nelle sessioni di sensibilizzazione realizzate nelle scuole, abbiamo cercato di coinvolgere educatori alla pari, perché la presenza di giovani con un vissuto simile a quello dei ragazzi cui ci rivolgiamo, li mette a proprio agio e facilita la loro disclosure”. La disclosure è il momento in cui una persona sieropositiva prende pienamente coscienza della propria condizione e riesce a rivelarlo alla famiglia, ai centri sanitari, alla comunità. “Il fatto di poterlo dire più o meno apertamente è una grande liberazione, fa sentire i sieropositivi meno soli, e soprattutto, facilita l’aderenza al trattamento antiretrovirale”.
Kaindi aveva 40 anni quando ha scoperto di aver contratto l’HIV, con sintomi violenti che lo hanno costretto a letto, incapace di camminare, sentire o parlare per sei mesi. “Non volevo rivelarlo a mia moglie, perché avevo paura che mi lasciasse. Ma lei mi ha detto che con o senza HIV, io sarei sempre stato suo marito, e si è presa cura di me finche’ non sono entrato in cura”.
Harriet Katuku, preside della scuola secondaria di Kaseve a Machakos, mi rivela che è molto soddisfatta del lavoro del KENEPOTE. “Per adesso hanno realizzato tre sessioni formative nella nostra scuola, con ragazzi tra i 14 ed i 17 anni. Generalmente in questa fascia di età i ragazzi non hanno nessuna informazione su trasmissione e contagi”.
By Youth Side ha raggiunto 5.800 adolescenti e giovani delle scuole di Machakos con sessioni formative su educazione sessuale e disclosure. Oltre a questo, l’iniziativa è intervenuta sugli ‘Youth Friendly Centres (YFC)’, gli spazi dedicati alla sensibilizzazione dei giovani su temi quali salute sessuale-riproduttiva, prevenzione dell’HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili, che meglio riescono a interfacciarsi con adolescenti e giovani adulti. Centinaia di operatori sanitari sono stati formati, quasi 10.000 adolescenti sono stati raggiunti dal servizio di assistenza domiciliare e 1.440 adolescenti e giovani donne sono state coinvolte dal programma di prevenzione comunitaria sulle malattie sessualmente trasmissibili e screening cervicale.