Sistema Italia e Nazioni Unite inaugurano la prima Situation Room con il Governo della Tanzania

Dodoma (TANZANIA), 14 giugno 2024 – Oggi la Repubblica della Tanzania celebra l’apertura della prima Situation Room nazionale per le comunicazioni e operazioni di emergenza. La Sala è stata realizzata dall'Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio di Disastri (UNDRR) con il supporto scientifico di Fondazione CIMA e grazie a finanziamenti della Cooperazione Italiana. La cerimonia si è realizzata alla presenza del Ministro di Stato dell’Ufficio del Primo Ministro della Tanzania, Jenista Joachim Mhagama, del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la DRR, Kamal Kishore, del Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) Marco Riccardo Rusconi, il Direttore della Sede regionale AICS di Nairobi, Giovanni Grandi, e del Presidente della Fondazione CIMA, Luca Ferraris.

La Sala entra a far parte della famiglia di AMHEWAS (Africa Multi-Hazard Early Warning and Early Action System), il programma che ha consentito la creazione e messa in funzione di una rete di Sale operative interconnesse in tutto il continente africano. Sotto la direzione dell’ufficio del Primo Ministro della Tanzania, la Sala sarà in grado di monitorare in tempo reale i rischi attuali e futuri, utilizzando dati di eventi passati e producendo bollettini e previsioni periodiche. Il cuore di questa Sala è una tecnologia italiana, utilizzata dalla nostra Protezione Civile: si tratta della piattaforma opensource MyDEWETRA sviluppata dalla Fondazione CIMA e riconosciuta dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale che facilita lo scambio di dati tra i partner a diversi livelli. Con questa iniziativa si è voluto dare un contributo tangibile al partner tanzaniano del valore aggiunto che può portare il sistema Italia con le sue eccellenze.

“Questa sala rappresenta un traguardo fondamentale nella protezione della popolazione della Tanzania”, ha dichiarato il Ministro di Stato Mhagama. “Ora siamo più preparati per monitorare i rischi, diffondere allerte precoci e assicurare risposte veloci in emergenza. Il nostro governo insieme a UNDRR, AICS e CIMA può costruire un futuro più sicuro e resiliente per le nostre comunità”.

“Desidero rivolgere le mie più sentite congratulazioni al Governo della Tanzania per questo obiettivo, che è un passo avanti rilevante nel rafforzare la resilienza del Paese e un fondamentale contributo alla rete di sistemi di Early Warning nel continente africano” dichiara Kamal Kishore di UNDRR. “Non ci fermeremo finché ogni paese africano non sarà protetto da sistemi di allerta precoce sui diversi rischi”.

““L’Italia, per il suo expertise e il suo know-how, è tradizionalmente un partner affidabile e competente per l’Africa nella costruzione della resilienza ai disastri”, ha dichiarato Marco Riccardo Rusconi, Direttore di AICS. “Il nostro sguardo si estende all’intero continente, nello spirito del Piano Mattei, accompagnando la creazione di una vera e proprio rete di situation rooms in grado di raccogliere dati, di processarli e soprattutto di renderli fruibili a una pluralità di operatori, dalle coste alle aree più remote”.

“La Sala Situazioni nazionale migliora in modo significativo la capacità dello stato nella salvaguardia della popolazione e dei mezzi di sussistenza del territorio” afferma Luca Ferraris, presidente di Fondazione CIMA, “perché è uno snodo di gestione dove il personale è scientificamente preparato, dotato di tecnologie innovative per l’incrocio di dati provenienti da più fonti e che combina informazioni scientifiche sui rischi, in grado perciò di elaborare bollettini di allerta tempestiva sugli impatti e permette di attivare azioni preventive in anticipo”.

Rappresentanti di AICS, UNDRR e Fondazione CIMA alla cerimonia di inaugurazione della Situation Room a Dodoma

Jenista Joachim Mhagama, Ministro di Stato dell'Ufficio del Primo Ministro della Tanzania, e Marco Riccardo Rusconi, Direttore di AICS

Uno degli schermi all'interno della Situation Room

Oltre ogni stigma: nelle periferie del Kenya, la lotta all’HIV parte dalle scuole

“Ecco, voglio raccontarti una storia per farti capire come funziona qui a Machakos”, mi dice Kaindi guardando lontano. “Una sera sono uscito verso le 20 per andare a mangiare una cosa. Entro in un piccolo ristorante vicino alla strada, e la cameriera mi chiede cosa voglio mangiare. Carne, dico io. Poi mi dice che posso scegliere tra carne fritta e carne bollita. E io chiedo la carne fritta. Poi quella sparisce per un po’. Dieci, venti, trenta minuti. Allora mi affaccio dietro il bancone, noto una porta. La apro: c’è una stanza minuscola con dentro un letto e uno sgabello, e lei che mi aspetta. E lì capisco che avevo appena ordinato, senza volerlo, un rapporto non protetto – la parola in codice è fried meat. Se avessi ordinato carne bollita, avrei potuto fare invece sesso protetto. Mi sarebbe costato 300 KES (all’incirca 2 Euro, NDR). Ho pagato, e sono andato via”.

Siamo in Kenya, il terzo Paese al mondo per tassi di prevalenza di HIV: le persone che vivono con HIV sarebbero 1,6 milioni, molti dei quali non sono consapevoli della propria condizione. La Contea di Machakos si trova a circa 60 km a sud-est della capitale Nairobi: è un importante snodo commerciale e agricolo, anche perché si trova ai margini della trafficatissima arteria che collega il porto di Mombasa a Nairobi e poi all’Uganda. Machakos è conosciuta, oltre che per la sua bellezza paesaggistica, per gli alti tassi di prevalenza di HIV, da sempre superiori alla media nazionale. Ho chiesto a Kaindi perché, secondo lui, la Contea è conosciuta per essere un ‘hotspot’ di contagi, e mi ha spiegato: “Ci passano moltissimi camionisti, in continuazione; e la prostituzione è un fenomeno molto diffuso”.

Benedict Kaindi ha 68 anni, è il direttore del Network Keniano degli Insegnanti Positivi all’HIV (KENEPOTE), un’organizzazione che mette in rete insegnanti che vivono con HIV. L’organizzazione opera a Machakos dal 2010 e realizza sessioni formative per gli studenti, offrendo supporto psicosociale e informazioni preziosissime su educazione sessuale e riproduttiva. Mi spiega che il suo lavoro aiuta non solo i ragazzi a prendere coscienza della propria condizione e a sentirsi meno soli, ma anche gli insegnanti, che scegliendo di entrare a far parte della rete, si sentono più liberi di confrontarsi su certi temi, e meno stigmatizzati. “Ci sono ancora molte leggende e miti intorno all’HIV: in molti credono ancora che sia una maledizione, oppure che si possa curare avendo rapporti con una donna vergine. Molte delle informazioni che circolano sono sbagliate o datate. Noi insieme a No One Out, abbiamo realizzato e distribuito manuali aggiornati, realizzati insieme al Ministero dell’Educazione del Kenya, con informazioni precise su modalità di contagio e salute riproduttiva”.

Il KENEPOTE negli ultimi due anni si è espanso, ha ottenuto un ufficio e si è strutturato. I membri dell’organizzazione sono passati da 20 a 60. Il merito è anche del sostegno ricevuto dalla OSC bresciana NO ONE OUT tramite l’iniziativa ‘By Youth Side’ finanziata dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo attraverso il Bando per iniziative sinergiche con il fondo globale contro HIV/AIDS, TBC e Malaria. L’iniziativa, in conclusione a giugno del 2024, interviene per offrire servizi di salute inclusivi nella lotta all’HIV, rafforzando le strutture ospedaliere di Machakos e intervenendo nella lotta alla discriminazione delle persone HIV-positive, anche con la collaborazione di educatori alla pari.

Spiega Vanni De Michele, rappresentate paese di NO ONE OUT in Kenya: “Nelle sessioni di sensibilizzazione realizzate nelle scuole, abbiamo cercato di coinvolgere educatori alla pari, perché la presenza di giovani con un vissuto simile a quello dei ragazzi cui ci rivolgiamo, li mette a proprio agio e facilita la loro disclosure”. La disclosure è il momento in cui una persona sieropositiva prende pienamente coscienza della propria condizione e riesce a rivelarlo alla famiglia, ai centri sanitari, alla comunità. “Il fatto di poterlo dire più o meno apertamente è una grande liberazione, fa sentire i sieropositivi meno soli, e soprattutto, facilita l’aderenza al trattamento antiretrovirale”.

Kaindi aveva 40 anni quando ha scoperto di aver contratto l’HIV, con sintomi violenti che lo hanno costretto a letto, incapace di camminare, sentire o parlare per sei mesi. “Non volevo rivelarlo a mia moglie, perché avevo paura che mi lasciasse. Ma lei mi ha detto che con o senza HIV, io sarei sempre stato suo marito, e si è presa cura di me finche’ non sono entrato in cura”.
Harriet Katuku, preside della scuola secondaria di Kaseve a Machakos, mi rivela che è molto soddisfatta del lavoro del KENEPOTE. “Per adesso hanno realizzato tre sessioni formative nella nostra scuola, con ragazzi tra i 14 ed i 17 anni. Generalmente in questa fascia di età i ragazzi non hanno nessuna informazione su trasmissione e contagi”.

By Youth Side ha raggiunto 5.800 adolescenti e giovani delle scuole di Machakos con sessioni formative su educazione sessuale e disclosure. Oltre a questo, l’iniziativa è intervenuta sugli ‘Youth Friendly Centres (YFC)’, gli spazi dedicati alla sensibilizzazione dei giovani su temi quali salute sessuale-riproduttiva, prevenzione dell’HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili, che meglio riescono a interfacciarsi con adolescenti e giovani adulti. Centinaia di operatori sanitari sono stati formati, quasi 10.000 adolescenti sono stati raggiunti dal servizio di assistenza domiciliare e 1.440 adolescenti e giovani donne sono state coinvolte dal programma di prevenzione comunitaria sulle malattie sessualmente trasmissibili e screening cervicale.

Benedict Kaindi durante una delle sessioni di sensibilizzazione in una scuola secondaria di Machakos

Benedict incontra studenti delle scuole di Machakos

Gli studenti mostrano alcuni dei materiali di sensibilizzazione ricevuti tramite l'iniziativa By Youth Side

Tra le attivita' di By Youth Side, sono stati realizzati diverse attivita' di sensibilizzazione rivolte alle comunita' di Machakos

Dal chicco alla tazza: l’Italia sostiene il rilancio del caffè in Kenya

Nairobi, 26 ottobre 2023 – Si è tenuto oggi, presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia in Kenya S.E. Roberto Natali, un evento di alto livello per condividere risultati e buone pratiche dell’iniziativa “Arabika: Rilancio della produzione di caffè gourmet in Kenya”, finanziata dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e realizzata dall’Organizzazione della Società Civile CEFA, in collaborazione con AVSI e la Fondazione E4Impact. L’evento, aperto dall’Ambasciatore, ha visto la presenza di George Macgoye, Chief of Staff dell’Ufficio del Vice - Presidente del Kenya, dei rappresentanti dei governi delle contee dove interviene l’iniziativa, delle ventuno cooperative di caffè cultori supportate e di tutti i partner.

L’iniziativa, al terzo anno di realizzazione, interessa tutta la filiera del caffè, con l’obiettivo di migliorare il reddito e la resilienza dei piccoli produttori nelle comunità rurali e di aumentare l’inclusione lavorativa delle donne e dei giovani. In pratica, si intende migliorare l’accesso ai mercati, sia a livello locale che globale, garantendo una produzione sostenibile e un maggior ritorno economico per i piccoli caffè cultori. Arabika, frutto di un dialogo iniziato già nel 2018 tra le controparti italiane e kenyane, è in linea con le strategie di sviluppo della filiera del caffè del governo kenyano e delle contee.

L'iniziativa vale un investimento di 3 milioni di euro e viene realizzata in sette contee, coinvolgendo 21 cooperative target che raggruppano più di 40.000 piccoli coltivatori di caffè. Tra i principali risultati raggiunti, e condivisi nel corso della giornata dai partner, si segnalano la ristrutturazione di sette laboratori per la degustazione di caffè con importanti interventi infrastrutturali e la dotazione di macchinari ed equipaggiamenti innovativi, la formazione di centinaia di formatori, agricoltori e manager di cooperative, e l’identificazione di sette nuovi marchi di caffè keniano che verranno ufficialmente registrati entro l’anno.

L’Ambasciatore Natali ha sottolineato: “Questa iniziativa porta in Kenya l’eccellenza italiana nel settore del caffè. I risultati presentati oggi mostrano come lo spirito di cooperazione e crescita condivisa tra i due paesi sia un volano di sviluppo per le comunità rurali, nel segno del valore aggiunto garantito dalle best practices italiane”.

Giovanni Grandi, Titolare di Sede dell’Ufficio Regionale di Nairobi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, ha dichiarato: “Le attività dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo nel paese hanno l’obiettivo di creare nuove opportunità di crescita per garantire un futuro più sostenibile. L’iniziativa Arabika va proprio in questa direzione, rafforzando una filiera fondamentale per l’economia kenyana, che genera reddito per oltre 5 milioni di persone, facendo leva sull’expertise italiana messa a disposizione dai nostri partner locali”.

Tra i presenti dall'evento, ospitato nella Residenza dell'Ambasciatore Natali: George Macgoye, Chief of Staff dell'Ufficio del Vice Presidente del Kenya, Kenneth Lusaka, Governatore di Bungoma, Giovanni Grandi, titolare della Sede AICS di Nairobi

Gli ospiti di onore partecipano alla degustazione di tre varieta' di caffe' keniano

Kenya, Aics e autorità locali attivano fondo rotativo per la gestione delle imbarcazioni donate ai pescatori

Un meccanismo simile ad un fondo rotativo regolerà l’utilizzo delle imbarcazioni donate attraverso fondi europei dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) alle cooperative che si occupano di pesca (‘Beach Management Unit - BMU’) in Kenya. Lo schema, disegnato da Aics insieme al partner tecnico CIHEAM Bari, permetterà che le 26 imbarcazioni donate generino capitale: i pescatori, infatti, si impegneranno a depositare una piccola somma per l’utilizzo delle barche su un conto dedicato ed intestato alla cooperativa di appartenenza, che potrà col tempo acquisire nuove imbarcazioni. Si tratta di un’azione che da un lato intende limitare la dipendenza dei pescatori di piccola scala da intermediari, cui spesso i pescatori keniani devono rivolgersi per il noleggio di barche su pagamento di costi elevati, e dall’altro colmare uno dei principali gap nella filiera della pesca artigianale, ovvero la scarsità di imbarcazioni ed equipaggiamenti.

E' una delle attività previste dal Programma Go Blue, realizzato con finanziamenti dell’Unione Europea dalla cooperazione italiana in partenariato con il CIHEAM di Bari e con il Segretariato JKP, il blocco economico che rappresenta le sei contee costiere del Kenya. Le 26 imbarcazioni equipaggiate e recentemente donate da Aics a 9 BMU verranno così gestite secondo un accordo che si sta firmando in questi giorni tra il partner locale (Segretariato JKP), le BMU e i governi delle contee costiere, un accordo volto non solo a garantire una serie di norme di comportamento etico all’interno delle cooperative, ma anche a regolare la gestione del fondo rotativo. La firma dei Memorandum con alcune delle BMU partner è avvenuta lo scorso lunedì, contestualmente alla consegna di sei ulteriori imbarcazioni per facilitare il trasporto delle alghe alle donne che si occupano di seaweed farming.

‘CIHEAM Bari ha già sperimentato questo tipo di meccanismo in altri paesi’, dichiara Enrico Nerilli, referente scientifico per l’iniziativa Go Blue per il CIHEAM Bari. ‘La sua riuscita è legata al comportamento dei membri delle BMU, e per questo motivo l’intervento è associato all’introduzione di un Codice di Condotta, su cui stiamo lavorando proprio in queste settimane, che possa trasmettere e rafforzare il senso di appartenenza alla comunità’.

‘Stiamo fieri di favorire dinamiche sostenibili nel settore della pesca’, dichiara Lorenzo Colonna-Preti, Project Manager della componente italiana di Go Blue, ‘con azioni che favoriscono l’empowerment dei pescatori di piccola scala rendendoli protagonisti di un settore con un enorme potenziale per la crescita della costa e del Kenya. La firma degli accordi per la gestione del fondo rotativo inoltre rende le autorità locali responsabili della trasparenza e delle modalità con cui questa crescita deve avvenire, perché possa andare a beneficio di tutti, senza lasciare indietro nessuno’.

 Ali Mwanzei, Advisor del Programma Go Blue, si prepara alla firma del Memorandum of Understanding con la BMU di Shimoni

 La consegna degli equipaggiamenti da pesca acquistati tramite il Programma Go Blue finanziato dall'Unione Europea nella Contea di Kwale

Le 5 imbarcazioni acquisite da Aics e donate in supporto alle donne attive nella filiera delle alghe

Educazione, salute ed infrastrutture per la costa del Kenya: al via la seconda fase del MISHDP

Malindi, 28 marzo 2023 – È stata ufficialmente avviata nella giornata di oggi la seconda fase dell’iniziativa ‘Programma Integrato per lo Sviluppo Socio-Sanitario di Malindi’ (MISHDP) durante un evento organizzato dall’Autorità per lo Sviluppo Costiero (CDA) del Kenya. La cerimonia si è tenuta a Malindi alla presenza di Giovanni Grandi, Titolare della Sede di Nairobi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), Gideon Mung’aro, Governatore della Contea di Kilifi, Idris Dokota, Segretario Permanente del Dipartimento di Stato delle Aree Aride e Semi Aride e dello Sviluppo Economico del Kenya, rappresentanti del CDA, delle autorità locali e della comunità beneficiarie.

L’evento sancisce l’avvio di un’importante iniziativa che ha l’obiettivo di accelerare lo sviluppo delle sub-contee di Malindi e Magarini, nella Contea costiera di Kilifi, attraverso interventi nei settori dell'educazione, della salute, e infrastrutturale e per il rafforzamento delle istituzioni locali. L’iniziativa è finanziata dall’Italia attraverso un credito d'aiuto agevolato del valore di 6,4 milioni di Euro, e viene realizzata dalla CDA attraverso una serie di interventi che includono, tra gli altri, la costruzione di una strada asfaltata nell'unica via di accesso verso la penisola di Ngomeni, dunque di importanza strategica per l'economia dell'intera area, la costruzione di un reparto di terapia intensiva presso il centro sanitario di Malindi, la costruzione di aule scolastiche e l’introduzione di uno schema di incentivi per giovani studenti meritevoli.

La prima fase del MISHDP, finanziata dalla Cooperazione Italiana e realizzata dalla CDA, si è conclusa nel 2012 e ha riguardato lo sviluppo di Malindi e Magarini. Questa prima fase ha visto la realizzazione di infrastrutture di base nel settore sanitario, dell’educazione ed infrastrutturale nelle aree limitrofe al Centro Spaziale italiano “Luigi Broglio” a Malindi, recentemente visitato dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.

‘La prima serie di interventi è stata pensata come un primo passo verso lo sviluppo integrato dell'area’, ha dichiarato Giovanni Grandi, Titolare della Sede Aics di Nairobi. ‘Attraverso la fase II, la Cooperazione Italiana intende rinnovare il proprio sostegno al Governo del Kenya nei suoi sforzi per migliorare l'accesso ai servizi di base alla popolazione, secondo l’approccio di partnership che guida il rapporto di amicizia e cooperazione tra Italia e Kenya’.

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Giovanni Grandi, Titolare della Sede AICS di Nairobi, durante il suo intervento per la cerimonia di lancio del programma MISHDP II a Malindi

Giovanni Grandi e Idris Dokota, Segretario Permanente del Dipartimento di Stato delle Aree Aride e Semi Aride e dello Sviluppo Economico del Kenya, interagiscono con la stampa e i media locali

Foto di gruppo con partner, stakeholders e autorità locali partner del MISHDP II

Dal Sud Sudan all’Uganda in cerca di protezione: un viaggio oltre i confini

Siamo andati ad Adjumani, distretto nel Nord dell’Uganda al confine con il Sud Sudan. Abbiamo seguito il percorso che fanno i rifugiati che entrano nel Paese in cerca di protezione, a partire dal momento della registrazione subito dopo aver varcato il confine sino all’arrivo nei campi profughi. Dove Aics interviene a supporto delle comunità rifugiate ed ospitanti

Il confine

Per passare il confine tra Sud Sudan e Uganda dal distretto ugandese di Amuru bisogna attraversare un ponte su un fiume completamente arido, affollato di camion, moto, animali, venditori di ogni cosa, militari armati e guardinghi, polvere. Partendo dalla parte ugandese, siamo riusciti a percorrerne solo metà; i militari sud sudanesi ci hanno poi rispedito indietro senza troppe cerimonie.

Ogni mese, centinaia di persone attraversano questo ponte in fuga dal Sud Sudan, paese ancora sconvolto da una guerra civile durata 5 anni, tensioni interne e da anni consecutivi di inondazioni record che hanno provocato una delle più gravi crisi umanitarie del continente, con circa 2 milioni di sfollati interni e 2,2 milioni in cerca di protezione verso i paesi limitrofi.

Una volta scampati i severi controlli dei militari sul ponte, si arriva agli uffici di frontiera ugandesi. È difficile, persino per noi, non sentirsi sollevati dal notare l’enorme insegna rossa che campeggia sopra gli uffici: WELCOME TO UGANDA.

Il centro di prima registrazione 

A 300 metri dal ponte si trova il Centro di Raccolta (Collection Point) di Elegu. Qui le autorità ugandesi dell’Ufficio del Primo Ministro (OPM), entità responsabile per il sistema di accoglienza, insieme a UNHCR e ad una squadra medica registrano i profughi appena arrivati e svolgono i primi controlli sanitari, somministrando vaccini se necessario, incluso quello contro il Covid-19.

Francis Kirya dell’OPM ugandese ci dice che solo ad Elegu, uno dei punti di accesso alla frontiera tra Uganda e Sud Sudan, durante il mese di gennaio 2023 sono stati registrati 646 nuovi arrivi.

Mentre ci illustra i tesserini identificativi ed i braccialetti che vengono dati ai profughi per dar loro diritto a ricevere gli aiuti alimentari del World Food Programme (WFP), Francis vede dietro le nostre spalle che nel Centro sta entrando una famiglia di sud sudanesi: camminano lentamente ma con decisione. Sono nove; sette bambini, la loro madre e suo fratello.

‘Quanto tempo avete viaggiato per arrivare qui?’, chiediamo loro, percependo il loro sfinimento nel torrido caldo equatoriale.

‘Un mese’, ci dice l’unico ragazzo che parla inglese, ‘abbiamo preso un bus che attraversa tutto il Paese, non potevamo permetterci mezzi più veloci’.

Al Centro di Elegu, ogni membro della famiglia viene registrato su una piattaforma tramite impronte digitali. Questo sistema serve ad identificare i profughi in un database globale, dove vengono anche realizzati controlli di sicurezza da parte dell’intelligence.

In serata, ci spiega Francis, verranno accompagnati al Reception Centre di Nyumanzi.

Reception Centre e assegnazione ai campi  

Al Reception Centre i profughi appena registrati trascorreranno qualche giorno, prima di essere trasferiti in uno dei campi nei dintorni. Ad ogni famiglia viene assegnato un alloggio temporaneo; nel Reception Centre ci sono sanitari comuni e si ricevono aiuti alimentari ogni giorno, coordinati da WFP. All’interno del centro c’è anche un centro medico di prima emergenza e un piccolo parco giochi.

Vita nei campi

L’Uganda è il paese africano che accoglie il più alto numero di rifugiati: oltre 1,5 milioni secondo il censimento del 2021, di cui il 65,3% provenienti dal Sud Sudan. Le assegnazioni nei campi, ci spiega Francis, vengono effettuate in base alla disponibilità e facendo attenzione a non mescolare gruppi tribali in conflitto tra loro. Una volta nei campi, ai rifugiati vengono assegnati piccoli appezzamenti di terreno che possono essere utilizzati per realizzare attività agricole per il sostentamento.

Secondo i dati di UNHCR, solo nel Distretto di Adjumani a dicembre 2022 risultavano registrati nei 18 campi circa 280.000 tra richiedenti asilo e rifugiati, di cui l’86% donne e bambini. È proprio qui che si concentrano le attività dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) a sostegno della popolazione in diaspora e in fuga dal Sud Sudan e a beneficio delle comunità ospitanti.

‘Attraverso le nostre Organizzazioni della Società civile presenti sul territorio e in collaborazione con  le autorità locali, interveniamo con attività di formazione e di creazione di impresa per i giovani, sviluppando opportunità di guadagno e sostentamento spesso attraverso collaborazioni tra profughi sud sudanesi e ugandesi, senza tralasciare azioni che possano facilitare le condizioni per un futuro eventuale ritorno nel paese di provenienza per aiutarne la ricostruzione’ spiega Giovanni Grandi, titolare della Sede Aics di Nairobi. ‘In questo modo sosteniamo le politiche ugandesi che favoriscono l’integrazione dei profughi nel Paese e mitighiamo le possibili tensioni che possono nascere tra i due gruppi conviventi, e che derivano principalmente dall’uso congiunto delle limitate risorse naturali.’

L’adozione di misure di prevenzione e mitigazione delle tensioni tra ugandesi e sud sudanesi è essenziale laddove, a causa del protrarsi delle condizioni di insicurezza, la popolazione rifugiata sud sudanese si sta progressivamente sedentarizzando in Uganda. Lo dimostra la storia di Grace, 35 anni, arrivata 31 anni fa come rifugiata e tutt’oggi residente nel campo di Elema, nel distretto di Adjumani. Qui Aics sta sostenendo la realizzazione di interventi infrastrutturali, tra cui l’installazione di punti di approvvigionamento d’acqua e il rinnovamento di spazi di aggregazione per la comunità. ‘Questi interventi hanno anche contribuito a ridurre i conflitti tra comunità rifugiate e comunità ospitanti’, dice, riferendosi in particolare al pozzo costruito da Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo (C&S) proprio dietro le nostre spalle.

Grace oggi è leader della comunità, e lavora come traduttrice al centro sanitario di Elema, ‘perché spesso la barriera linguistica crea problemi di comprensione tra ugandesi e sud sudanesi’, ci spiega. Grace ha completato l’educazione primaria e secondaria in Uganda. Ha cinque figli, ed è riuscita a costruire la propria casetta all’interno del campo. ‘Il sistema di accoglienza ugandese funziona, e riesce a far sentire i rifugiati a proprio agio. La mia casa, però, rimane in Sud Sudan e sogno un giorno di poter tornare, se mai ci sarà pace’, ci confida mentre guarda lontano.

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Aics in Uganda interviene con un'iniziativa di emergenza volta a promuovere l'integrazione delle popolazioni sud sudanesi sfollate, ritornanti e rifugiate. Il progetto interviene nei campi rifugiati del distretto di Adjumani con la realizzazione di centri di aggregazione per giovani e donne e la costruzione di nuovi sistemi di approvvigionamento acqua. È prevista la promozione di attività agricole, di sostegno all’allevamento e al commercio per migliorare il reddito delle famiglie rifugiate, e la realizzazione di attività per promuovere l'integrazione con le comunità ospitanti per sostenere una pacifica convivenza. L’iniziativa, iniziata a settembre del 2022 e della durata prevista di 20 mesi, è realizzata da Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo in consorzio con Jesuit Refugee Service.

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L'ingresso del Centro di Raccolta di Elegu, Nord Uganda. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Francis Kirya dell'OPM spiega come funziona il processo di registrazione nel Centro di Elegu ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Uno dei centri di aggregazione per le donne rinnovati da Aics e C&S presso il campo di Nyumanzi, Distretto di Adjumani. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

I rifugiati al Reception Centre in attesa di ricevere il pranzo distribuito da WFP. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Un impianto idrico finanziato da Aics presso la scuola elementare del campo profughi di Elema, distretto di Adjumani. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Grace, 35 anni, vive nel campo profughi di Elema da 31 anni. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Grace ci mostra la sua casa nel campo profughi di Elema. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Kenya, al via il programma SEMAKENYA II: il sistema Italia in campo per promuovere agroecologia e biocarburanti

Nairobi, 8 Dicembre 2022 – Questa mattina presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Nairobi, S.E. Roberto Natali, è stato dato il via ufficiale al programma ‘SEMAKENYA II’ finanziato dalla Cooperazione Italiana, che sosterrà l’introduzione di pratiche di agricoltura conservativa e tecnologie ‘Climate Smart’ nella Contea di Makueni, situata in una delle zone aree e semi aride del Kenya. L’iniziativa, del valore di 2 milioni di Euro, viene realizzata attraverso l’Istituto Agronomico del Mediterraneo di Bari (CIHEAM Bari) in partenariato con l’Organizzazione per la Ricerca Agricola e Zootecnica del Kenya (KALRO).

All’evento hanno partecipato il Governatore della Contea di Makueni, S.E. Mutula Kilonzo Jr, il Vicedirettore del CIHEAM Bari, Biagio Di Terlizzi e il Direttore di Eni Kenya, Enrico Tavolini. Presenti il Direttore dell’Ufficio regionale di Nairobi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), Giovanni Grandi e svariati rappresentati del settore privato italiano, delle istituzioni locali e della società civile.

‘SEMAKENYA II’ traccerà ‘un percorso resiliente verso l'agroecologia nella Contea di Makueni, promuovendo pratiche agricole rispettose dell’ambiente, con la valorizzazione di colture locali resistenti alla siccità, come legumi e frutti tropicali, che hanno anche un forte potenziale di commercializzazione sui mercati internazionali. Tra le attività è prevista anche l’introduzione di una piattaforma digitale che collegherà direttamente agricoltori e acquirenti, con l’obiettivo di garantire un commercio più equo per gli agricoltori e un prodotto di qualità che soddisfi le richieste del mercato.

‘SEMAKENYA II’ rappresenta la prima concretizzazione del Memorandum of Understanding (MoU) firmato da Eni Kenya e dalla Sede di Nairobi dell’AICS nel 2021, riguardo al coinvolgimento del “Sistema Italia” e del settore privato nella realizzazione degli interventi di cooperazione. In particolare, SEMAKENYA II punta alla decarbonizzazione attuata da ENI nel Paese, che prevede l’introduzione di colture oleaginose sostenibili, come il ricino, e l’apertura di impianti di trasformazione per l’estrazione dell’olio industriale, successivamente verrà esportato in Italia per la produzione di biocarburanti, prospettando nuove opportunità di reddito per gli agricoltori.

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L'Ambasciatore d'Italia in Kenya Roberto Natali ha aperto la cerimonia di lancio presso la sua Residenza a Nairobi

I partecipanti alla cerimonia di lancio del progetto SEMAKENYA II includono rappresentanti dell'AICS, dell'Ambasciata d'Italia, di ENI Kenya, del CIHEAM di Bari, della Contea di Makueni e del Ministero dell'Agricoltura del Kenya

Giovanni Grandi, Titolare della Sede Aics di Nairobi, insieme a S.E. Mutula Kilonzo Jr, Governatore della Contea di Makueni dove verra' realizzato il progetto SEMAKENYA II