Educazione, salute ed infrastrutture per la costa del Kenya: al via la seconda fase del MISHDP

Malindi, 28 marzo 2023 – È stata ufficialmente avviata nella giornata di oggi la seconda fase dell’iniziativa ‘Programma Integrato per lo Sviluppo Socio-Sanitario di Malindi’ (MISHDP) durante un evento organizzato dall’Autorità per lo Sviluppo Costiero (CDA) del Kenya. La cerimonia si è tenuta a Malindi alla presenza di Giovanni Grandi, Titolare della Sede di Nairobi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), Gideon Mung’aro, Governatore della Contea di Kilifi, Idris Dokota, Segretario Permanente del Dipartimento di Stato delle Aree Aride e Semi Aride e dello Sviluppo Economico del Kenya, rappresentanti del CDA, delle autorità locali e della comunità beneficiarie.

L’evento sancisce l’avvio di un’importante iniziativa che ha l’obiettivo di accelerare lo sviluppo delle sub-contee di Malindi e Magarini, nella Contea costiera di Kilifi, attraverso interventi nei settori dell'educazione, della salute, e infrastrutturale e per il rafforzamento delle istituzioni locali. L’iniziativa è finanziata dall’Italia attraverso un credito d'aiuto agevolato del valore di 6,4 milioni di Euro, e viene realizzata dalla CDA attraverso una serie di interventi che includono, tra gli altri, la costruzione di una strada asfaltata nell'unica via di accesso verso la penisola di Ngomeni, dunque di importanza strategica per l'economia dell'intera area, la costruzione di un reparto di terapia intensiva presso il centro sanitario di Malindi, la costruzione di aule scolastiche e l’introduzione di uno schema di incentivi per giovani studenti meritevoli.

La prima fase del MISHDP, finanziata dalla Cooperazione Italiana e realizzata dalla CDA, si è conclusa nel 2012 e ha riguardato lo sviluppo di Malindi e Magarini. Questa prima fase ha visto la realizzazione di infrastrutture di base nel settore sanitario, dell’educazione ed infrastrutturale nelle aree limitrofe al Centro Spaziale italiano “Luigi Broglio” a Malindi, recentemente visitato dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.

‘La prima serie di interventi è stata pensata come un primo passo verso lo sviluppo integrato dell'area’, ha dichiarato Giovanni Grandi, Titolare della Sede Aics di Nairobi. ‘Attraverso la fase II, la Cooperazione Italiana intende rinnovare il proprio sostegno al Governo del Kenya nei suoi sforzi per migliorare l'accesso ai servizi di base alla popolazione, secondo l’approccio di partnership che guida il rapporto di amicizia e cooperazione tra Italia e Kenya’.

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Giovanni Grandi, Titolare della Sede AICS di Nairobi, durante il suo intervento per la cerimonia di lancio del programma MISHDP II a Malindi

Giovanni Grandi e Idris Dokota, Segretario Permanente del Dipartimento di Stato delle Aree Aride e Semi Aride e dello Sviluppo Economico del Kenya, interagiscono con la stampa e i media locali

Foto di gruppo con partner, stakeholders e autorità locali partner del MISHDP II

Uganda, aperto un nuovo plesso oculistico chirurgico finanziato dall’Aics

È stato inaugurato oggi a Kitgum, nel nord dell’Uganda, il nuovo plesso oculistico chirurgico dell’Ospedale St. Joseph, costruito grazie al sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics).

Il reparto ha l’obiettivo di migliorare l’accesso e la qualità dei servizi oftalmici per 10.200 persone ogni anno, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili come persone con disabilità, donne e bambini, che vivono anche nelle comunità più remote.

Il nuovo plesso vede la luce dopo tre anni di lavori grazie a un ampio progetto di cooperazione internazionale, di cui è capofila Cbm Italia – organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura delle disabilità visive nei Paesi del Sud del mondo – in accordo con il ministero della Salute ugandese, in collaborazione con la Osc Medici con l’Africa Cuamm e i governi distrettuali di Kitgum, Arua e Terego.

L’inaugurazione è avvenuta alla presenza del direttore di Cbm Italia Massimo Maggio, di monsignor John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, della ministra della Salute ugandese Jane Ruth Aceng, della direttrice medica del S. Joseph Hospital Pamela Atim e di Jackie Kwesiga, country director di Cbm per l’Uganda.

In Uganda sono 3 milioni le persone con problemi di vista, ma al momento in tutto il Paese è presente un oftalmologo ogni milione di persone. Patologie come cataratta, errori refrattivi, tracoma, traumi e glaucoma portano alla cecità poiché non vengono curate a causa della mancanza di mezzi e servizi oftalmici adeguati, soprattutto nelle zone più remote. Il 75% dei casi di cecità sono tuttavia evitabili e curabili secondo l’International Agency for the Prevention of Blindness (Iapb).

Il nuovo plesso prevede una nuova sala operatoria che rende il centro oculistico capace di erogare cure diagnostiche, trattamenti specialistici e chirurgie. A questo si aggiunge il rinnovamento della sala per la degenza dei pazienti.

Lo stesso progetto ha permesso inoltre la ristrutturazione e l’equipaggiamento di altri quattro centri sanitari, oltre all’organizzazione di cliniche oculistiche chirurgiche e non chirurgiche mobili nelle comunità lontane e nei campi profughi.

TANZANIA: Lancio dell’iniziativa “Diverse Food System: Miglioramento della nutrizione col supporto ad un sistema alimentare diversificato e sostenibile”

Dodoma, 03/03/2023. Venerdì 3 marzo si è tenuto a Dodoma l’evento di lancio del progetto “Diverse Food System: Miglioramento della nutrizione col supporto ad un sistema alimentare diversificato e sostenibile”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) e implementato da LVIA – Associazione Volontari Internazionali Laici. Partners del progetto sono il CUAMM – Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari, l’associazione locale Mtandao wa Vikundi vya Wakulima Tanzania – MVIWATA e il College of Agriculture della Sokoine University of Agriculture.

L’iniziativa, che ha una durata prevista di 3 anni, ha come obiettivo il miglioramento dell’efficacia e inclusività del sistema di sicurezza alimentare e nutrizionale delle comunità residenti nella regione di Dodoma, con un particolare focus sulle categorie più vulnerabili della popolazione come minori, donne in gravidanza etc. Nella Regione di Dodoma infatti, sono presenti numerosi casi di malnutrizione cronica (37.2%) e acuta (0,4%) e l’ineguaglianza in termini di sicurezza alimentare grava particolarmente sulle donne e sui bambini.

Hanno partecipato all’evento, Paolo Razzini, responsabile dell’ufficio di coordinamento di Aics Nairobi in Tanzania, assieme a rappresentanti governativi dei distretti di Kongwa, Chawmino e Bahi e rappresentanti delle organizzazioni partner.

Nel corso del suo intervento, Razzini ha sottolineato come migliorare la nutrizione e aumentare la sicurezza alimentare sia un settore prioritario dell'Aics. Questa priorità si allinea a diversi piani di sviluppo strategico e linee guida della Repubblica Unita della Tanzania, come ad esempio il National Multisettorial Nutrition Action Plan 2021/22-2025/26, la Tanzania Horticultural Development Strategy (2012-2021), il National Agricultural Plan (2022-2030) e le National Guidelines of Integrated Management of Acute Malnutrition.

I beneficiari diretti dell'iniziativa saranno circa 114.000 persone, prevalentemente nelle aree rurali (circa l'85%), così suddivise: circa 21.800 bambini sotto i 5 anni saranno sottoposti a screening per malnutrizione, circa 22.400  donne e madri di bambini sotto i 5 anni verranno sensibilizzate sulle buone pratiche igienico-nutrizionali e sulla parità di genere, circa 42.000 agricoltori (di cui oltre 25.200 giovani) verranno formati e aiutati per arrivare ad una maggiore diversificazione produttiva, 3.000 agricoltori saranno supportati con capacity building e accesso ai mercati per le verdure autoctone e infine, attraverso le attività di sensibilizzazione, 20.000 consumatori nelle aree urbane potranno fare scelte nutrizionali più informate.

 

Dal Sud Sudan all’Uganda in cerca di protezione: un viaggio oltre i confini

Siamo andati ad Adjumani, distretto nel Nord dell’Uganda al confine con il Sud Sudan. Abbiamo seguito il percorso che fanno i rifugiati che entrano nel Paese in cerca di protezione, a partire dal momento della registrazione subito dopo aver varcato il confine sino all’arrivo nei campi profughi. Dove Aics interviene a supporto delle comunità rifugiate ed ospitanti

Il confine

Per passare il confine tra Sud Sudan e Uganda dal distretto ugandese di Amuru bisogna attraversare un ponte su un fiume completamente arido, affollato di camion, moto, animali, venditori di ogni cosa, militari armati e guardinghi, polvere. Partendo dalla parte ugandese, siamo riusciti a percorrerne solo metà; i militari sud sudanesi ci hanno poi rispedito indietro senza troppe cerimonie.

Ogni mese, centinaia di persone attraversano questo ponte in fuga dal Sud Sudan, paese ancora sconvolto da una guerra civile durata 5 anni, tensioni interne e da anni consecutivi di inondazioni record che hanno provocato una delle più gravi crisi umanitarie del continente, con circa 2 milioni di sfollati interni e 2,2 milioni in cerca di protezione verso i paesi limitrofi.

Una volta scampati i severi controlli dei militari sul ponte, si arriva agli uffici di frontiera ugandesi. È difficile, persino per noi, non sentirsi sollevati dal notare l’enorme insegna rossa che campeggia sopra gli uffici: WELCOME TO UGANDA.

Il centro di prima registrazione 

A 300 metri dal ponte si trova il Centro di Raccolta (Collection Point) di Elegu. Qui le autorità ugandesi dell’Ufficio del Primo Ministro (OPM), entità responsabile per il sistema di accoglienza, insieme a UNHCR e ad una squadra medica registrano i profughi appena arrivati e svolgono i primi controlli sanitari, somministrando vaccini se necessario, incluso quello contro il Covid-19.

Francis Kirya dell’OPM ugandese ci dice che solo ad Elegu, uno dei punti di accesso alla frontiera tra Uganda e Sud Sudan, durante il mese di gennaio 2023 sono stati registrati 646 nuovi arrivi.

Mentre ci illustra i tesserini identificativi ed i braccialetti che vengono dati ai profughi per dar loro diritto a ricevere gli aiuti alimentari del World Food Programme (WFP), Francis vede dietro le nostre spalle che nel Centro sta entrando una famiglia di sud sudanesi: camminano lentamente ma con decisione. Sono nove; sette bambini, la loro madre e suo fratello.

‘Quanto tempo avete viaggiato per arrivare qui?’, chiediamo loro, percependo il loro sfinimento nel torrido caldo equatoriale.

‘Un mese’, ci dice l’unico ragazzo che parla inglese, ‘abbiamo preso un bus che attraversa tutto il Paese, non potevamo permetterci mezzi più veloci’.

Al Centro di Elegu, ogni membro della famiglia viene registrato su una piattaforma tramite impronte digitali. Questo sistema serve ad identificare i profughi in un database globale, dove vengono anche realizzati controlli di sicurezza da parte dell’intelligence.

In serata, ci spiega Francis, verranno accompagnati al Reception Centre di Nyumanzi.

Reception Centre e assegnazione ai campi  

Al Reception Centre i profughi appena registrati trascorreranno qualche giorno, prima di essere trasferiti in uno dei campi nei dintorni. Ad ogni famiglia viene assegnato un alloggio temporaneo; nel Reception Centre ci sono sanitari comuni e si ricevono aiuti alimentari ogni giorno, coordinati da WFP. All’interno del centro c’è anche un centro medico di prima emergenza e un piccolo parco giochi.

Vita nei campi

L’Uganda è il paese africano che accoglie il più alto numero di rifugiati: oltre 1,5 milioni secondo il censimento del 2021, di cui il 65,3% provenienti dal Sud Sudan. Le assegnazioni nei campi, ci spiega Francis, vengono effettuate in base alla disponibilità e facendo attenzione a non mescolare gruppi tribali in conflitto tra loro. Una volta nei campi, ai rifugiati vengono assegnati piccoli appezzamenti di terreno che possono essere utilizzati per realizzare attività agricole per il sostentamento.

Secondo i dati di UNHCR, solo nel Distretto di Adjumani a dicembre 2022 risultavano registrati nei 18 campi circa 280.000 tra richiedenti asilo e rifugiati, di cui l’86% donne e bambini. È proprio qui che si concentrano le attività dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) a sostegno della popolazione in diaspora e in fuga dal Sud Sudan e a beneficio delle comunità ospitanti.

‘Attraverso le nostre Organizzazioni della Società civile presenti sul territorio e in collaborazione con  le autorità locali, interveniamo con attività di formazione e di creazione di impresa per i giovani, sviluppando opportunità di guadagno e sostentamento spesso attraverso collaborazioni tra profughi sud sudanesi e ugandesi, senza tralasciare azioni che possano facilitare le condizioni per un futuro eventuale ritorno nel paese di provenienza per aiutarne la ricostruzione’ spiega Giovanni Grandi, titolare della Sede Aics di Nairobi. ‘In questo modo sosteniamo le politiche ugandesi che favoriscono l’integrazione dei profughi nel Paese e mitighiamo le possibili tensioni che possono nascere tra i due gruppi conviventi, e che derivano principalmente dall’uso congiunto delle limitate risorse naturali.’

L’adozione di misure di prevenzione e mitigazione delle tensioni tra ugandesi e sud sudanesi è essenziale laddove, a causa del protrarsi delle condizioni di insicurezza, la popolazione rifugiata sud sudanese si sta progressivamente sedentarizzando in Uganda. Lo dimostra la storia di Grace, 35 anni, arrivata 31 anni fa come rifugiata e tutt’oggi residente nel campo di Elema, nel distretto di Adjumani. Qui Aics sta sostenendo la realizzazione di interventi infrastrutturali, tra cui l’installazione di punti di approvvigionamento d’acqua e il rinnovamento di spazi di aggregazione per la comunità. ‘Questi interventi hanno anche contribuito a ridurre i conflitti tra comunità rifugiate e comunità ospitanti’, dice, riferendosi in particolare al pozzo costruito da Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo (C&S) proprio dietro le nostre spalle.

Grace oggi è leader della comunità, e lavora come traduttrice al centro sanitario di Elema, ‘perché spesso la barriera linguistica crea problemi di comprensione tra ugandesi e sud sudanesi’, ci spiega. Grace ha completato l’educazione primaria e secondaria in Uganda. Ha cinque figli, ed è riuscita a costruire la propria casetta all’interno del campo. ‘Il sistema di accoglienza ugandese funziona, e riesce a far sentire i rifugiati a proprio agio. La mia casa, però, rimane in Sud Sudan e sogno un giorno di poter tornare, se mai ci sarà pace’, ci confida mentre guarda lontano.

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Aics in Uganda interviene con un'iniziativa di emergenza volta a promuovere l'integrazione delle popolazioni sud sudanesi sfollate, ritornanti e rifugiate. Il progetto interviene nei campi rifugiati del distretto di Adjumani con la realizzazione di centri di aggregazione per giovani e donne e la costruzione di nuovi sistemi di approvvigionamento acqua. È prevista la promozione di attività agricole, di sostegno all’allevamento e al commercio per migliorare il reddito delle famiglie rifugiate, e la realizzazione di attività per promuovere l'integrazione con le comunità ospitanti per sostenere una pacifica convivenza. L’iniziativa, iniziata a settembre del 2022 e della durata prevista di 20 mesi, è realizzata da Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo in consorzio con Jesuit Refugee Service.

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L'ingresso del Centro di Raccolta di Elegu, Nord Uganda. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Francis Kirya dell'OPM spiega come funziona il processo di registrazione nel Centro di Elegu ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Uno dei centri di aggregazione per le donne rinnovati da Aics e C&S presso il campo di Nyumanzi, Distretto di Adjumani. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

I rifugiati al Reception Centre in attesa di ricevere il pranzo distribuito da WFP. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Un impianto idrico finanziato da Aics presso la scuola elementare del campo profughi di Elema, distretto di Adjumani. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Grace, 35 anni, vive nel campo profughi di Elema da 31 anni. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Grace ci mostra la sua casa nel campo profughi di Elema. ©M. Watsemba/AICS Nairobi

Kenya, al via il programma SEMAKENYA II: il sistema Italia in campo per promuovere agroecologia e biocarburanti

Nairobi, 8 Dicembre 2022 – Questa mattina presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Nairobi, S.E. Roberto Natali, è stato dato il via ufficiale al programma ‘SEMAKENYA II’ finanziato dalla Cooperazione Italiana, che sosterrà l’introduzione di pratiche di agricoltura conservativa e tecnologie ‘Climate Smart’ nella Contea di Makueni, situata in una delle zone aree e semi aride del Kenya. L’iniziativa, del valore di 2 milioni di Euro, viene realizzata attraverso l’Istituto Agronomico del Mediterraneo di Bari (CIHEAM Bari) in partenariato con l’Organizzazione per la Ricerca Agricola e Zootecnica del Kenya (KALRO).

All’evento hanno partecipato il Governatore della Contea di Makueni, S.E. Mutula Kilonzo Jr, il Vicedirettore del CIHEAM Bari, Biagio Di Terlizzi e il Direttore di Eni Kenya, Enrico Tavolini. Presenti il Direttore dell’Ufficio regionale di Nairobi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), Giovanni Grandi e svariati rappresentati del settore privato italiano, delle istituzioni locali e della società civile.

‘SEMAKENYA II’ traccerà ‘un percorso resiliente verso l'agroecologia nella Contea di Makueni, promuovendo pratiche agricole rispettose dell’ambiente, con la valorizzazione di colture locali resistenti alla siccità, come legumi e frutti tropicali, che hanno anche un forte potenziale di commercializzazione sui mercati internazionali. Tra le attività è prevista anche l’introduzione di una piattaforma digitale che collegherà direttamente agricoltori e acquirenti, con l’obiettivo di garantire un commercio più equo per gli agricoltori e un prodotto di qualità che soddisfi le richieste del mercato.

‘SEMAKENYA II’ rappresenta la prima concretizzazione del Memorandum of Understanding (MoU) firmato da Eni Kenya e dalla Sede di Nairobi dell’AICS nel 2021, riguardo al coinvolgimento del “Sistema Italia” e del settore privato nella realizzazione degli interventi di cooperazione. In particolare, SEMAKENYA II punta alla decarbonizzazione attuata da ENI nel Paese, che prevede l’introduzione di colture oleaginose sostenibili, come il ricino, e l’apertura di impianti di trasformazione per l’estrazione dell’olio industriale, successivamente verrà esportato in Italia per la produzione di biocarburanti, prospettando nuove opportunità di reddito per gli agricoltori.

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L'Ambasciatore d'Italia in Kenya Roberto Natali ha aperto la cerimonia di lancio presso la sua Residenza a Nairobi

I partecipanti alla cerimonia di lancio del progetto SEMAKENYA II includono rappresentanti dell'AICS, dell'Ambasciata d'Italia, di ENI Kenya, del CIHEAM di Bari, della Contea di Makueni e del Ministero dell'Agricoltura del Kenya

Giovanni Grandi, Titolare della Sede Aics di Nairobi, insieme a S.E. Mutula Kilonzo Jr, Governatore della Contea di Makueni dove verra' realizzato il progetto SEMAKENYA II